La consulenza psicologica resta un tabù

La consulenza psicologica resta un tabù

Servizio sempre più richiesto ma di difficile accesso per il senso di vergogna che affligge il paziente.

 

Nell’ultimo decennio la consultazione di uno psicologo è divenuta una pratica sempre più consueta nei casi di bisogno, ciò in quanto nel tempo sono cessati molti tabù e stereotipi che ruotavano intorno a questa figura professionale, anche grazie alla sensibilizzazione sociale, effettuata dalla stessa comunità degli psicologi, ed all’emancipazione generale della società.


Pertanto oggi la consulenza psicologica è un servizio sempre più richiesto ma intorno al quale tendenzialmente continua a permanere un senso di vergogna generale che spesso complica l’accesso delle persone a tale figura professionale. Può risultare difficile chiedere consiglio ad un amico o ad un conoscente rispetto ad un valido professionista, alla stregua di un qualsiasi medico, in quanto ciò apre inevitabilmente una comunicazione relativa a nostre problematiche più intime e personali, che magari vorremmo evitare di condividere con gli altri. Questo spesso porta le persone ad adoperarsi in modo del tutto autonomo nella ricerca di uno psicologo, spesso tramite internet, quando al contrario consultare il proprio medico di base, o una persona di fiducia, ci lascerebbe meno soli nella risoluzione dei nostri problemi e potrebbe  indirizzarci verso professionisti maggiormente accreditati.

Cerchiamo di chiarire però quando può essere utile una consulenza psicologica e quali sono le aree di interesse della psicologia, in quanto i campi di intervento in tal senso sono numerosi e contemplano vari livelli di intervento.
Nel corso della vita attraversiamo delle fasi transizionali, spesso “fisiologiche”, che costituiscono momenti di crisi nell’arco dei quali anche il semplice sostegno o la possibilità di potersi aprire e confrontare con un esperto sono azioni fortemente protettive rispetto al rischio che, sulla scorta di tali circostanze del ciclo di vita, si strutturi una problematica o un disagio psicologico più persistente.


L’etimologia della parola “crisi”, termine che oggi ha acquisito un senso del tutto negativo, fa riferimento ad un momento di scelta, di cambiamento e di forte decisione. Pertanto nella crisi è insito un cambiamento, che come tutti i cambiamenti è destabilizzante, ma che può espletarsi attraverso una trasformazione positiva in termini evolutivi e di benessere, come di contro può determinare un forte disagio, che si struttura nella misura in cui si è troppo rigidi o refrattari al cambiamento che può determinare un blocco evolutivo.
In queste situazioni, dove non è necessariamente presente un sintomo franco, la consulenza e il sostegno psicologico posso essere letti come un “prendersi cura” della propria persona e del proprio benessere psicofisico, come un aspetto protettivo e preventivo della propria salute.

Diversamente invece, come più di consueto avviene, la consultazione dello psicologo è spesso motivata dalla presenza di una sintomatologia, di tipo ansioso o di tipo depressivo, come difficoltà del sonno, attacchi di panico, crisi di pianto, mancanza di motivazione, discontrollo della rabbia, problemi relazionali o di adattamento, disturbi del comportamento alimentare, somatizzazioni, etc.
In tali circostanze la consulenza psicologica è solo il primo passo per capire come risolvere un problema psicologico che grava su di noi, impedendoci il normale svolgimento della vita quotidiana nei vari contesti: familiare, sociale e lavorativo. In tal caso l’incontro con lo psicologo-psicoterapeuta non può essere circoscritto ma può rappresentare l’opportunità di un percorso più profondo che possiamo classificare come psicoterapeutico. Si sottolinea “psicoterapeuta” in quanto, sul piano delle competenze, è fondamentale che lo psicologo sia specializzato nella disciplina della Psicoterapia.

 

Fondamentale aprirsi con un esperto per evitare che le fasi transazionali diventino un disagio persistente

 

Nei casi di sintomatologie evidenti la tendenza generale, talvolta avallata dai medici di famiglia, è quella di terapie squisitamente farmacologiche rispetto alle quali è utile precisare che lo “psicofarmaco”, il più delle volte, non è risolutivo in termini di superamento del problema ma si limita, dove ha efficacia, a ridurre o eliminare la sintomatologia in modo circostanziale all’assunzione stessa della terapia farmacologica.

Un percorso psicoterapeutico invece, senza escludere la possibilità di un supporto farmacologico, comunque opportuno in alcuni casi, si configura come un intervento terapeutico finalizzato al superamento del problema. Ciò in quanto i sintomi rappresentano l’aspetto fenomenico di un disagio interiore altro, costituendo semplicemente un segnale che la nostra mente ci impone di cogliere. È come se il nostro corpo ci dicesse “non puoi più non occuparti di questo problema”, ma il problema si ribadisce non essere il sintomo quanto piuttosto ciò che ad esso è sotteso in termini di disagio e di conflitto interiore. 

Il sintomo è un segnale che va riletto ed interpretato per poter essere risolto e questo generalmente richiede tempo e perseveranza, non è di certo un percorso breve o poco impegnativo.

Al di là del caso clinico individuale, come si accennava, la psicologia trova applicazione in vari campi, come ad esempio quello del supporto alla genitorialità nel rapporto con i figli in età evolutiva, o in relazione a difficoltà e sintomatologie dei bambini stessi che spesso richiedono un intervento specialistico di tipo psicologico, come nei casi di fobia scolare, enuresi notturna, ansia da separazione, ansia prestazionale, o semplici difficoltà legate all’interruzione dell’allattamento al seno o dell’acquisizione dell’autonomia sfinterica, o balbuzie e difficoltà scolastiche e/o specifiche dell’apprendimento. Nella clinica dell’età evolutiva la terapia d’elezione è la “Terapia Familiare”, ovvero un setting che prevede i colloqui alla presenza dell’intero nucleo familiare convivente per poter lavorare sul “sistema famiglia”. Ciò oltre ad una maggior efficacia in termini di beneficio sul bambino, rende possibile non designare lo stesso come soggetto problematico (fattore potenzialmente iatrogeno) nella misura in cui in terapia vengono anche la mamma ed il papà.


Un’altra area rilevante è quella della consulenza e dei percorsi di coppia nelle fasi di crisi coniugale o di separazione, non solo per la coppia stessa, che può essere accompagnata nella separazione o nella risoluzione del conflitto, ma anche rispetto alla gestione delle dinamiche con i figli, ovvero come affrontare con loro la questione o come evitare che la conflittualità coniugale si ripercuota sul loro benessere e sulla loro serenità. In tal senso la consulenza psicologica o un conseguente percorso di sostegno alla coppia si rivela estremamente utile.

Molte di queste situazioni è evidente che non sono strettamente cliniche ma piuttosto circostanze che con molta frequenza le persone e le famiglie si trovano ad affrontare e rispetto alle quali non bisogna indugiare nell’opportunità di una consulenza psicologica. A volte una semplice chiarificazione o ridefinizione del problema può rivelarsi un ottima risorsa per procedere anche autonomamente nell’affrontare le vicissitudini che la vita ci impone.

 

 

Dr. Luca Altieri

 

  • Psicologo e Psicoterapeuta

 


 

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